Il prezzo è allettante, ma secondo gli esperti la qualità nutritiva è nettamente inferiore. Sono i prodotti ortofrutticoli low cost provenienti dall'estero che, se attirano i consumatori per la convenienza, non hanno pari con i loro omologhi italiani per l'apporto di antiossidanti e vitamine. Dalle cipolle, all'aglio, a pesche, albicocche, uva, mele ed agrumi, la frutta e verdura proveniente da Argentina, Cile, Cina, Spagna, Portogallo e Tunisia rappresenta, secondo la Coldiretti, il 10% di quella in vendita. Ma se questi prodotti non deludono, soprattutto per il prezzo, per il nutrizionista Giorgio Calabrese, le cose cambiano per i nutrienti presenti. "Il microclima in cui vengono coltivati - spiega Calabrese - assicura loro una nettà superiorità per la presenza di antiossidanti e vitamine, in particolare per agrumi, aglio e cipolle". Le arance italiane, ad esempio - sottolinea il nutrizionista - "hanno il doppio di sostanze benefiche rispetto a quelle straniere, che si trovano in vendita anche in estate. L'aglio italiano, invece, contiene solfuro d'allile e antiossidanti di un certo livello che non hanno paragone con quello proveniente dalla Cina. E la cipolla di Tropea è quasi irripetibile anche per il contenuto di caroteni". Lo stesso discorso vale per pesche e albicocche da Spagna, Portogallo e Tunisia, e per l'uva cilena, argentina o brasiliana. Questi prodotti, proprio perché simili all'originale - rileva Coldiretti - "spesso vengono spacciati dai venditori per italiani". E così "limoni argentini o spagnoli si trovano in vendita come 'limoni della costiera amalfitana', mele argentine o cilene vengono vendute come trentine, fagioli e aglio asiatico come fagiolo di Lamon e aglio bianco del Polesine". Secondo l'organizzazione, a tutela dei prodotti italiani sono quindi necessari controlli sul rispetto delle norme sull'etichettatura, che obbligano a indicare l'origine degli alimenti con appositi cartelli. La Cia, invece, lamenta le speculazioni sui diversi costi di produzione, e chiede "di poter giocare alla pari almeno sulla sicurezza alimentare, attraverso controlli alla frontiera più severi". Dallo stesso Calabrese, invece, è giunto l'invito agli agricoltori italiani a "darsi l'obiettivo di vendere i prodotti tipici a minor prezzo per un certo periodo, considerato che siamo in un periodo di vacche magre". Il nutrizionista dà anche un suggerimento ai consumatori: "comprate i prodotti a chilometri zero, dai produttori vicino a dove abitate". La guerra al made in Italy, comunque, è anche più forte all'estero, dove Coldiretti stima "sia falso un piatto italiano su tre con il fatturato dei prodotti made in Italy taroccati che supera i 50 miliardi di euro".
Ansa.it - Roma - 12/08/08